Un noto clinico affermava che la prerogativa più importante della medicina è la diagnosi, poi segue la diagnosi e ancora nuovamente la diagnosi.
Nel caso, soprattutto, delle malattie infettive è importante la diagnosi ma ancor più la rapidità della diagnosi. Il tempo perduto è un terreno di coltura capace di favorire e ingigantire la diffusione di queste malattie. Pur tuttavia non semplice è la diagnosi, la tempestività nel formularla. Alcuni fenomeni sono vere emergenze, eventi straordinari e improvvisi che possono superare i confini territoriali e verso i quali non siamo adeguatamente preparati. Delle malattie infettive, della loro diffusione siamo, spesso, protagonisti e vittime. Nell’Italia dei campanili, frammentata e polemica,è fondamentale in questa occasione rinnovare, almeno per necessità uno “spirito di corpo” che coinvolga,oltre le strumentalizzazioni e gli egoismi. Step by step e a ognuno la sua parte nell’interesse di un bene comune.
Troppi gli esperti e i salotti inutili. Un full-time di voci concitate che si sovrappongono e si intrecciano senza dare una visione definita del problema e una corretta indicazione sui comportamenti da adottare per limitare la diffusione nel caso specifico del corona-virus. Un eccesso di protagonismo toglie il respiro e alimenta le paure.
Un’etica dell’informazione descrive la realtà, illumina gli interrogativi di una opinione pubblica, a volte, disorientata, parla della malattia e la adegua all’evidenza scientifica. A chi ha le competenze istituzionali spetta la creazione di presidi sociosanitari e territoriali altamente specializzati e dotati degli strumenti necessari per operare in sicurezza e con efficacia. Tutto potrà realizzarsi a condizione di una reciproca consapevolezza sulla necessità di un coordinamento che definisca i diversi momenti dell’intervento e un reciproco rispetto delle competenze.
Le malattie infettive hanno la potenzialità di interessare un non definito numero di persone perché riguardano tutti. Per limitarne sul nascere la diffusione occorre, oltre il presidio sanitario, la prevenzione con norme di igiene personale e comportamenti condivisi e responsabili della popolazione.
La rapida diffusione del corona-virus come di altre malattie (vedi l’influenza stagionale) sono per necessità un forte stimolo alla ricerca scientifica. Una ricerca insonne perché la malattia e le sue complicanze, la vastità del territorio, le sue problematiche fanno riflettere che esiste un infinito numero di variabili verso le quali rischiamo di trovarci temporalmente impreparati. L’uomo e la malattia in epoca di globalizzazione non possono essere ristretti in un privato, in aree geografiche, etnie o strati sociali ma dovranno sempre più considerare quanto illusorio è l’innalzamento di barriere o la presunzione di tracciare confini sicuri.
Ippocrate di Coo parlava di corruzione dell’aria come concausa di malattia.
Una ricerca sull’ambiente condotta da scienziati americani paragona l’atmosfera a un organismo vivente con un proprio metabolismo.
Un organismo profondamente compromesso nei suoi meccanismi di difesa dall’opera di devastazione dell’uomo: mari, fiumi inquinati, distruzione degli ultimi polmoni della terra, acque luride e potabili e le tante cose trasformate in fattori di rischio biologico. Lo stesso respiro della terra è una melma chimica che pesa, soprattutto, sui grandi agglomerati urbani. Tutto questo è un ulteriore capitolo nella storia dell’uomo e della sua sopravvivenza: la cura della terra malata. E’ necessario creare cento, mille osservatori che della terra scrutino le viscere, i presagi e ne tutelino le caratteristiche. Quanto più vasta è l’aria di convergenza su questi temi, quanto più chiari gli obblighi e le aspettative che riguardano la salute e le attese ad essa connesse, tanto maggiore sarà la possibilità di contenere il rischio di malattia.