La pandemia indotta dal Covid, un virus irto di minacciosi uncini, costituisce da mesi il tema principale di notiziari, di servizi giornalistici con approfondimenti da parte di esponenti del mondo scientifico, nonché di una intensa attività degli organi statali preposti a vari livelli alla salvaguardia della salute del cittadino.
Il picco del contagio sembra superato ma l’andamento della curva, che descrive di giorno in giorno l’evoluzione del fenomeno in relazione a parametri come i numeri dei nuovi contagi dei decessi e delle guarigioni, continua ad oscillare tra aumenti e diminuzioni, sicché il ritorno alla normalità somiglia piuttosto ad un miraggio che si ritrae in sincrono all’avvicinarsi dell’osservatore. Dovremo pertanto convivere, non sappiamo per quanto tempo ancora, col virus che segna il tempo delle chiusure e del distanziamento fisico, fino a quando la ricerca non avrà scoperto un vaccino adeguato e sicuro.
La limitazione al bisogno naturale di espansività tarpa le ali di un essere sociale come l’uomo, impedendo il libero volo nel proprio mondo affettivo. Restano gli sguardi, muti messaggeri di emozioni, restano le parole, soffocate dalle mascherine e attutite dal distanziamento. La percezione di un “fuori” ostile restringe lo spazio fisico all’interno delle mura domestiche e, nel contempo, contrae il pensiero in un unico punto che talora sfiora l’ossessione, un nemico in agguato e il pericolo del contagio. Come sempre si registrano anche atteggiamenti opposti di sottovalutazione e noncuranza di regole, comportamenti che, mettendo a repentaglio la propria e l’altrui salute, possono assumere rilevanza penale.
La scuola si è attivata gradualmente per una didattica mediata dalle nuove tecnologie che permettono lezioni ed esami da remoto, ma che privano gli studenti del contatto personale con i docenti e con i compagni; il lavoro, quando possibile, è diventato “agile” nel senso di un impegno da casa tramite computer e rete, modalità che ancora una volta cancella la socializzazione caratteristica del lavoro in ufficio.
La pandemia porta non solo lutti nelle famiglie e crisi nell’economia, effetti da tutti percepibili e in qualche modo misurabili, ma influisce anche sui meccanismi psicologici connessi ai rapporti interpersonali in maniera imprevedibile.