La mia recente lettura del lavoro della psicologa SHERRY TURKLE, che insegna Sociologia della scienza e della tecnologia al M.I.T. di Boston, mi ha indotto a considerazioni che mi piace condividere con i nostri lettori.
Viviamo in un mondo che sacrifica la conversazione, crogiuolo di intimità e umanità, mentre si indebolisce il rapporto sociale e assai fragili appaiono le capacità empatiche. Il “parlare” non è più tra le nostre precipue abitudini. Spesso, anche nella scuola, ove si costruiscono le relazioni tra compagni e, grazie all’azione dei Docenti, si vive il rapporto comunitario caratterizzato da domande dalle quali far scaturire risposte significanti, si privilegiano essenzialmente tecniche predeterminate. Le ore che trascorriamo in un mondo simulato ci allontanano dal mondo reale e, come sostenne sin dal 1854 Henry David Thoreau (“Vita nei boschi”, caro alla Beat Generation e citato nel film “L’attimo fuggente”) bisogna, per costruire un percorso virtuoso in difesa dell’umanità, immaginare 3 sedie: 1° per la solitudine: ritrovare se stessi, 2° per l’amicizia: ascoltare gli altri, 3° per la comunità: migliorare il dialogo sociale. E. Lévinas scrive che è la presenza di un volto ad avviare il contatto etico tra gli umani. La Tecnologia interrompe questo circolo virtuoso e configura una fuga dall’educazione delle nuove generazioni, private dei confronti “vis-à-vis”. Chi non ascolta non saprà costruire il proprio Io, né creare un buon rapporto personale, né riconoscere una democrazia operante. Mentre le relazioni umane sono ricche (anche se talvolta caotiche), sempre esigenti, ricorrendo alla tecnologia prevale nella connessione online l’efficientismo. Si impoverisce il nostro pensare e si vive senza interlocutori. Comprimendo l’Io si acuisce l’ansia sociale, si ritiene di essere ascoltati e di vincere la solitudine. Attraverso il MI PIACE si crede di elaborare ed interpretare le emozioni umane: manca l’ALTRO e non vi è confronto! Il pericolo, scrive la Turkle, è che si giunga “a parlare non solo attraverso le macchine, ma “alle” o “con le macchine”, soffocando l’intelligenza che è sensibilità, reattività, consapevolezza, raziocinio, prontezza di spirito. L’analisi sociologica del testo esamina l’ISTRUZIONE che sembra non riesca a resistere all’attrazione della tecnologia, anche se, senza il supporto dispositivo digitale, le conversazioni risorgono rilassanti e coerenti, i pensieri si fanno più fluidi, l’atmosfera più “sollevata” e l’ALTRO viene percepito. Il Multitasking fa dimenticare le emozioni umane e, se a livello neurochimico sembra accelerare il proprio pensiero, in realtà interrompe ogni comprensione ed ogni concentrazione: cade l’interesse e si acuisce una vera e propria dipendenza. Così come accade con l’uso di Wikipedia che permette l’acquisizione di informazioni prive, però, di elaborazione (leggiamo titoli, guardiamo immagini e assembliamo!). Acquistare la capacità della “lettura in profondità” ci consentirà, specie negli studi superiori e all’Università, di recuperare il tempo di riflessione, la conquista di idee nuove, la creatività integrando tematiche da esplorare. Il dialogo, la conversazione vis-à-vis, gli incontri diretti con i Docenti, perfino la stessa “ lezione cattedratica” potranno consentire la ricostruzione di una comunità immersa nella conquista intellettuale del lavorare insieme. Anche nel mondo del LAVORO l’online e la solitudine dello schermo incide negativamente perfino a livello dei risultati economici. Interessanti, a tale proposito, appaiono i risultati della indagine della Turkle sugli studi legali (costituiti in America da più avvocati e dipendenti): il “click” sostituisce incontri diretti e personali con i “clienti”, ma gli introiti diminuiscono! Così come nelle Aziende e nelle Società giova favorire la socializzazione, il dialogo e la conversazione, l’aiuto vicendevole e perfino la competizione. Solo le parole possono trasmettere idee; pertanto vale trovarsi, parlarsi, riunirsi, confrontarsi. E ciò è importante anche nel contesto sociale per essere CITTADINI. Ritirarsi nel “reale online (…) crea un sosia digitale che ci sospinge ad azioni scaturite da algoritmi ai quali non abbiamo contribuito perché derivano dall’altrui scavo su nostri desideri”. Dove è la libertà di discussione, la ricerca della risposta alla proposta? I legami forti scaturiscono solo dal dialogo diretto fondato sulla fiducia! E, ancora! È scomparsa nel “panorama di dati e di informazioni” ogni PRIVACY: il Sé digitale è archiviato per sempre, soggetti come siamo al controllo di INTERNET EXPLORER! Il filosofo Michel Foucault ha scritto che nello Stato moderno si riduce la sorveglianza perché i cittadini si controllano da sé medesimi, lasciando tracce di informazioni, pur se inconsapevoli. E per il filosofo Allen Bloom “la libertà di pensiero ha bisogno non solo, o non soprattutto, dell’assenza di vincoli legali, ma anche della presenza di un pensiero alternativo”. Considera la Turkle che “viviamo il nostro doppio virtuale grazie a campagne di marketing e ad algoritmi scritti su molte differenti piattaforme e ci vediamo come ci vedono”. D’altronde già Marx ne “Il Capitale” aveva scritto che “un semplice tavolo di legno trasformato in merce, non solo poggia coi piedi per terra,ma (…) tira fuori dalla sua testa di legno dei grilli molto più meravigliosi che se iniziasse a ballare da solo”. Così il nostro doppio virtuale. Lo Zuckerberg , creatore di Facebook, nega lo spazio indispensabile a sviluppare proprie idee. Manipolazione dei mezzi di informazione e della pubblicità riduce la capacità di pensare col proprio cervello. “Condivido dunque sono” nel 1854 già scriveva il Thoreau!
In sintesi. Recuperare il dialogo e la conversazione, disconnettersi per connettersi potrà preludere alla salvezza perché il pericolo-principe è che l’uomo possa divenire un mero spettatore di storie inascoltate e robotizzate, annullando ogni vita autentica. E ciò è possibile solo asservendo a sé la tecnologia, dominandola senza farsi dominare in assoluto!