Correva l’anno 1000. Approdarono da terre lontane sul litorale di Salerno, in un giorno scelto dalla storia, il latino Salernus, il greco Pontus, l’ebreo Helinus, l’arabo Abdelà.
Fu così che si realizzò nel tempo una perfetta integrazione di culture: la greco-romana, l’ebraica e l’araba, quest’ultima ricca di pratiche astrologiche e alchemiche e di una fiorente chirurgia. Nacque la Scuola medica immagine di autentica globalizzazione ricca di scienza, tecnica e insegnamenti, modelli e stili di vita, religioni geograficamente lontane. La posizione di Salerno, nel cuore del Mediterraneo, divenne approdo e speranza di guarigione e salute per crociati e pellegrini diretti o di ritorno dalla Terra Santa, e fu punto nodale di importanti scambi commerciali con l’Oriente e l’Africa favoriti dalla prossimità territoriale con la Repubblica di Amalfi, potente città marinara. Tutto avvenne tra gente che Reicher di Reims descrisse dotata d’ingegno naturale. Iniziò così “la Grande Meraviglia”. L’Alma Mater affermò la laicità del pensiero ippocratico, il diritto e il primato della scienza medica e dell’evidenza scientifica. Si discute, ancora oggi, sull’alto Medioevo come un secolo controverso di luci e ombre. La Scuola Medica realizzò un diverso pensiero, allineò l’empirismo ai risultati della ricerca scientifica. Descrisse la interazione tra caratteristiche climatiche e stagionali, norme di vita e utilizzo terapeutico degli elementi naturali. Lo studio e la conoscenza della relazione esistente tra esseri viventi ed elementi superiori e inferiori (Parmenide) sono un interrogativo della ricerca quando si confronta con la complessità del rapporto “Uomo-Universo”. Il “Regimen Sanitatis” è la testimonianza della dottrina e del sapere della Scuola. Descrive un percorso naturale quale valore aggiunto e provvidenziale per la salute dell’uomo. Raccoglie il profumo della terra, le radici della speranza in chi è alla ricerca della salute perduta. È il petalo di fiori immarciscibili gelosamente custoditi tra le pagine del dizionario dei “semplici” di Matteo Silvatico “Opus Pandectarum Medicinae”. Un erbolarium terapeutico che descrive la terra madre coltivata da provvide mani da un’ideale appartenenza di figliolanza. Numerosi sono i riferimenti alle stagioni e i consigli sul modo nel quale l’uomo può interagire con la natura e realizzare “una diversa opportunità” terapeutica.
In quei secoli si legge il ruolo subalterno della donna, la sua inferiorità e la mancanza di qualsiasi diritto o aspettativa se non a condizioni di un pensiero prevaricatore e maschilista. Al contrario, la Scuola illumina di colori le “Mulieres Salernitanae”. Attua un processo di integrazione e condivide l’orizzonte della conoscenza e di una medicina sociale indispensabile nella lettura del corpo femminile. Trotula de Ruggero scrive il trattato “Passionibus mulierum curandorum” consegnando il suo nome e la sua avvenenza a una storia infinita.
Adesso ascolta: “le pagine del Flos Medicinae Salernum aprono i petali del Lillium Medicinae e rivelano con tocco leggero e riverente la natura in tutta la sua bellezza salvifica”. Sviluppa nel suo pensiero una quasi idolatria della natura nelle sue diverse espressioni benefiche al punto da farla consigliare ai malati come valida alternativa “se ti mancano i medici siano per te medici l’animo lieto, la quiete e la moderata dieta”. La riconosce corpo vivente che ci accompagna da sempre e possiede tutta la nostra storia. È la favola bella, una eredità di raro valore che ispira Gilles de Gorbeil (XII-XIII sec.), medico e poeta, quando riflette la bellezza della città, la sua storia e definisce Salerno, a monito delle generazioni future, città sacra ad Apollo, assidua nutrice di Minerva, fonte di ogni sapere e trono della medicina.